Eclettica e generosa. È l’essenza di Images Vevey, la più importante biennale d’arti visive organizzata in Svizzera. Per scoprire le ultime tendenze della fotografia contemporanea e vivere l’immagine in maniera insolita. Fra installazioni monumentali e scenografie uniche. Questo il mio reportage pubblicato sul numero 104 del magazine italiano POSH
Edificandovi una delle sue iconiche ville, Le Courbusier non si era affatto sbagliato: Vevey è una città contemplativa. Quale sia la stagione, il suo splendore geografico fonde lago e montagne in composizioni sublimi ed emozionanti. Alla sua ottava edizione Images Vevey torna a farsi eco vigoroso dello slogan della località lacustre, “Vevey città di immagini”. Il visitatore che a settembre si aggira per questo placido borgo, alla ricerca dei reperti visivi disseminati dagli artisti ospiti del Festival delle Immagini, conosce la sensazione di disorientamento, di meraviglia e di distrazione dal quotidiano che l’evento coltiva. Sa anche, che nel giro di poche settimane, non resterà quasi più nulla delle mostre incastonate in luoghi inaspettati, delle installazioni che sorprendono alla curva di un vicolo o in uno scorcio lungolago e delle esperienze che fanno dimenticare gli abituali punti di riferimento. Riconosciuta come una delle manifestazioni più innovative nel suo genere, la natura effimera dell’esposizione outdoor trova sulle rive del lago Lemàno, spesso chiamato lago di Ginevra, il suo santuario. Merito di una programmazione energetica, gioiosa ed eccitante, in grado di presentare grandi star internazionali accanto a giovani artisti svizzeri e di produrre le sue mostre letteralmente su misura, cogliendo la corrispondenza più adeguata tra opera presentata, scenografia e spazio espositivo.

Thomas Struth © Emilien Itim
TOGETHER. LA VIE ENSEMBLE
Avvincente miscela di fotografia e arte contemporanea, Images Vevey si posiziona come un appuntamento imperdibile nel panorama degli eventi culturali europei. Il titolo scelto per l’edizione targata 2022, trova ispirazione da un proverbio africano: “Se vuoi andare veloce, cammina da solo, ma se vuoi andare lontano, cammina insieme”. Dal Giappone al Guatemala, passando per l’Iran, il Sudafrica, l’Italia e l’Ucraina, il Festival delle Immagini mira a creare legami, riunendo le opere di una cinquantina di artisti provenienti da 25 paesi, per celebrare “La vita insieme”. Ecco allora: la vita e la morte, l’amore e la famiglia, la guerra e il tempo libero, la religione e la scienza, la casa e il viaggio, la libertà e la prigione, l’unione e la separazione, l’economia e la politica. Ma anche: soap opera, minigolf, Nelson Mandela, il Duomo di Milano, gli opercoli, il buon vino, la demagogia, le pietre tombali, la muraglia cinese, gli spettacoli, le detenute, le locuste, il tappeto rosso, Vincent van Gogh, i cannoni sparaneve, i cani randagi, le risate e le lacrime, l’intelligenza artificiale, il calcio e molto altro ancora. Evidentemente, ci vuole di tutto per fare un mondo! Soprattutto in un momento di ricongiungimento e unione come l’attuale, nonostante il contesto internazionale incerto. Non è solo mera coincidenza se il nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente, l’importanza e la fragilità dei legami sociali e familiari e le gioie e i dolori della coesistenza tra collettivo e individuale, siano gli argomenti che il festival affronta nel centenario della pubblicazione di La terra desolata, in cui T. S. Eliot scriveva: “Presso le acque dei Lemano mi sedetti e piansi…” A confermarlo è Stefano Stoll, direttore della biennale, presentandone il variegato programma. “Quando nel 1922 il famoso poeta modernista scrisse The Waste Land, la prima guerra mondiale aveva devastato la società, che aveva perso i suoi punti di riferimento, i suoi legami e la sua coesione. Il futuro premio Nobel per la letteratura si curò della sua malinconia lungo le rive del lago di Ginevra, in un albergo di Losanna, dove scrisse parte di quello che sarebbe diventato uno dei componimenti letterari più influenti del XX° secolo. In 433 righe, condivise le sue domande sulla ricostruzione del mondo postbellico evocando “la montagna di immagini spezzate” simboleggiata dal conflitto. Rivelando i sintomi di un’epoca, T. S. Eliot s’interrogò sulla capacità di una società, trasformata per sempre, di trovare i mezzi per vivere insieme. Un secolo dopo, quest’opera si rivela più che mai attuale. Guerre e crisi, siano esse geopolitiche, economiche, ambientali o sanitarie, scuotono la società nelle sue fondamenta, accentuando le divisioni. Per la sua ottava edizione, Images Vevey, posta sotto il segno del collettivo, evoca le molteplici sfaccettature della vita in comune. Proponendo, cent’anni dopo e in risposta alla montagna di immagini spezzate malinconicamente evocata dal poeta, una montagna di immagini tanto ricca quanto stimolante, suddivisa in 50 esperienze visive che celebrano le molteplici sfide della vita insieme”.

Teju Cole © Cynthia Mai Ammann
AND THE WINNER IS
Images Vevey contribuisce al settore delle arti visive non solo producendo pubblicazioni e mostre tra due edizioni del Festival, ma anche organizzando uno dei più longevi premi per la fotografia in Europa. Il Grand Prix Images Vevey è un’autentico contributo alla creatività, finanziando la realizzazione di un nuovo progetto piuttosto che limitandosi alla premiazione di un’opera già esistente. In questo contesto viene anche assegnato il Prix du Livre Images Vevey, supporto a un progetto editoriale capace di offrire una corrispondenza ottimale e sorprendente tra la forma della pubblicazione e il suo contenuto fotografico. A presiedere la giuria, composta da cinque personalità internazionali provenienti dal mondo istituzionale, artistico, mediatico ed editoriale, è stato chiamato Teju Cole, fotografo, scrittore e curatore statunitense di origini nigeriane.

Grand Prix Images Vevey: Lebohang Kganye per Staging Memories
In questo suo progetto l’artista sudafricano inserisce personaggi ritagliati in ambientazioni improvvisate, un po’ come i libri pop-up che si aprono e si richiudono. Mescolando fotografia, teatro e letteratura, la sua opera presenta libere interpretazioni della novella Ta O’Reva dello scrittore malawiano Muhti Nhlema, che racconta il ritorno di Nelson Mandela in un Sudafrica post-apocalittico. Lebohang Kganye entra nel cuore di questi schizzi e rivisita il passato, segnato dall’apartheid. Il suo Staging Memories presenta l’impatto del quadro generale sul piccolo quadro familiare personale, suggerendo una riflessione sul modo in cui costruiamo e descriviamo i nostri ricordi.

Carmen Winant © Cynthia Mai Ammann
Grand Prix du Livre Images Vevey: Carmen Winant per Arrangements
Questo innovativo progetto è un assemblaggio di pagine strappate da varie pubblicazioni raccolte nel corso degli anni. L’artista americana ha riorganizzato queste immagini a coppie, nel loro formato originale, per comporre nuove narrazioni. La sua pubblicazione, esposta sotto forma di mostra, presenta un viaggio nel cuore di molteplici archivi esaminando, in modo inedito, il riciclo e la riappropriazione di oggetti stampati per nuovi scopi editoriali.

Prix Spécial du Jury: Alba Zari per Occult
Attingendo alla storia della propria infanzia in Thailandia, per questo progetto la fotografa italiana ripercorre la storia del culto fondamentalista cristiano “The Children of God”, in cui è nata dopo che sua madre e sua nonna si unirono a questa comunità negli anni Settanta. Attraverso archivi di famiglia, documenti presi da internet e immagini termiche di rituali contemporanei, Alba Zari mette in luce l’abuso misogino che questa setta imponeva. Attraverso l’introspezione e la decifrazione, denuncia le tecniche di propaganda utilizzate da questi movimenti. Offrendo uno sguardo schiacciante sulla realtà di questi circoli, Occult mette in discussione la natura ingannevole delle immagini, dimostrando al contempo la loro capacità di rivelare la verità.

Prix Spécial du Jury du Prix du Livre: Paola Jiménez Quispe per Rules for Fighting
Era solo una bambina quando suo padre fu assassinato, trovato morto nella sua auto. Solo nel 2015 la fotografa peruviana seppe della tragedia. Cercando in casa indizi sulla sua esistenza, ha scoperto gli oggetti che il padre aveva con sé al momento della tragedia, insieme a rullini di pellicola non sviluppati, videocassette e un quaderno. Suo padre vi aveva elencato otto regole per “combattere”, che applicava a vari tipi di conflitto, compresi i litigi in amore. L’artista si appropria di questi consigli per affrontare la sua storia familiare. Prendendo il titolo da questa intrigante pagina scritta a mano, il progetto Reglas para pelear prende a sua volta la forma di un taccuino, combinando appunti paterni, estratti dal diario della madre, foto di famiglia e documenti giudiziari.

Mention Lumière Broncolor: Stefanie Moshammer per Each Poison, A Pillow
Sin dall’infanzia, l’artista è stata vittima dell’alcolismo della madre. All’età di sette o otto anni, scrisse una lettera a Gesù Bambino per augurare alla madre di guarire dalla sua dipendenza. Questa lettera è il punto di partenza di un’installazione che, con pudore, modestia e tenerezza, combina foto e ricordi intimi, creazioni tessili e immagini anatomiche, testimoniando il profondo ma fragile affetto tra madre e figlia. Al di là della sua storia personale, la fotografa viennese affronta senza tema di smentita un argomento raramente trattato: l’alcolismo femminile.

Mention Reportages: Juan Brenner per Marvelous Phenomena
Il fotografo guatemalteco guarda alle sue origini e rivisita un evento importante avvenuto nel 1534. Dopo lunghe ricerche, ricostruisce fedelmente il viaggio verso l’Ecuador di una spedizione guidata dal leggendario conquistador spagnolo Pedro de Alvarado con un esercito di migliaia di soldati guatemaltechi; ma la spedizione, intrappolata nel cuore delle Ande, si trasforma in una disfatta. L’artista ripercorre i luoghi attraversati da questi uomini quasi 500 anni fa, concentrandosi sui discendenti che si sono lasciati alle spalle. Mettendo in luce gli effetti di questo spostamento forzato delle popolazioni guatemalteche in Ecuador e documentandone le tracce contemporanee.
Immagine di copertina: Roger Eberhard © Emilien Itim Tutte le immagini: Courtesy Festival Images Vevey Si ringrazia per la collaborazione: Amandine Marchand