È il rinomato centro di competenza per tutta la fotografia svizzera. Tra archivio e museo incoraggia il pubblico ad avvicinarsi al medium fotografico. Sabato 18 settembre la Fotostiftung Schweiz celebra i primi cinquant’anni d’attività. Ho incontrato Peter Pfrunder, il suo direttore
“Per salvare dall’oblio importanti fotografie”. Così la motivazione che portò un gruppo di appassionati di fotografia, senza risorse ma con tanto coraggio, a istituire, il 4 maggio 1971 in quel di Zurigo, la Fotostiftung Schweiz, la Fondazione svizzera per la fotografia. L’idea era quella di recuperare gli archivi di importanti fotografi, realizzare una collezione e dare vita alla consapevolezza di bene culturale attorno al medium fotografico, attraverso pubblicazioni e mostre. La prima si tenne dopo pochi mesi nel Centro Le Corbusier di Zurigo, con opere di Werner Bischof, Robert Capa e altri rappresentanti della “fotografia impegnata”. Il notevole interesse che suscitò The Concerned Photographer, spinse i fondatori a rivolgersi al Kunsthaus Zürich con quella che allora era una proposta audace: organizzare una grande esposizione che rappresentasse la storia della fotografia svizzera, discutere di argomenti fotografici e presentare fotografi di spicco. Fotografia in Svizzera, dal 1840 a oggi fu effettivamente aperta nell’autunno del 1974 e rappresentò, con 1200 opere di 180 fotografi, una pietra miliare nel confronto istituzionale con la fotografia. Una première per un museo d’arte svizzero che, visitato per l’occasione da 70 000 persone in 10 settimane, diede un importante contributo al riconoscimento pubblico della fotografia. Il successo permise l’ulteriore sviluppo della Fotostiftung Schweiz, che nel 2003 si trasferì infine nella sua sede attuale a Winterthur per creare, assieme al Fotomuseum, il più importante polo fotografico della Confederazione Elvetica. Dopo mezzo secolo dalla sua nascita, la Fondazione svizzera per la fotografia continua a essere impegnata nella conservazione delle immagini fotografiche, diventando un’istituzione integrante del paesaggio fotografico internazionale. Un’anniversario più unico che raro celebrato da mostre, pubblicazioni e da un evento speciale programmato per sabato 18 settembre, dove esperti svizzeri e tedeschi saranno chiamati a riflette sul patrimonio fotografico e a discutere su quali immagini si vogliano conservare per le generazioni future. Nell’attesa ho incontrato Peter Pfrunder da 23 anni alla guida della Fotostiftung Schweiz, entrata a far parte con il Fotomuseum Winterthur degli Art Museums of Switzerland, istituzione che raggruppa dodici musei di fama internazionale che propongono l’eccellenza dell’arte.

50 anni, 90 pubblicazioni, 100 archivi, 300 mostre, 2 000 fotografi, 1 000 000 di immagini! Cosa provi nel gestire una pietra miliare come il raggiungimento del mezzo secolo di attività?
Sono molto felice di far parte di questa lunga tradizione, così come della squadra che ha costruito questa istituzione nel corso degli anni. La nostra missione non è solo quella di scegliere e presentare i fotografi migliori o più interessanti, ma piuttosto quella di cercare di aiutare il pubblico a capire lo sviluppo avuto dalla fotografia nel corso della sua storia. L’anniversario dei cinquant’anni è un buon momento per riflettere e chiederci se l’istituzione che abbiamo costruito stia ancora adempiendo ai suoi obiettivi e alla sua missione e se sia in grado di affrontare le sfide future. È un momento particolarmente interessante: possiamo guardare indietro a ciò che abbiamo realizzato negli ultimi cinque decenni e cercare di adattarci alle situazioni attuali e future. La fotografia contemporanea è totalmente diversa da quella di mezzo secolo fa.

Perché una mostra su Ernst Heiniger per celebrare questo anniversario?
Ernst Heiniger è una delle maggiori figure della fotografia svizzera, che è stato però dimenticato dopo essere emigrato negli Stati Uniti negli anni ’80. Cerchiamo di riportare il suo lavoro in Svizzera ogni qualvolta ci sia possibile e questa mostra è parte di un progetto iniziato negli anni ’90, poco dopo la sua morte. Questo anniversario ci offre l’occasione ideale per far riscoprire ai nostri visitatori qualcosa che è caduto nell’oblio. Questo fa parte della nostra missione: non presentare solo i fotografi iconici che tutti conoscono, ma anche riscoprire gli artisti dimenticati. Penso che il pubblico sarà sorpreso dalla ricchezza delle sue opere intrise di aspetti artistici, sperimentali e documentari. Consideriamo la fotografia come un fenomeno culturale oltre che parte del mondo dell’arte. Ernst Heiniger è l’artista perfetto per esemplificare la complessità della fotografia.

Per l’anniversario sono stati recentemente pubblicati anche due libri: 99 Fotografien e Bild für Bild; che contenuti vi troverà il lettore?
Abbiamo deciso di realizzare due volumi distinti perché avevamo due obiettivi differenti. Con 99 Fotografien, volevamo mostrare importanti immagini e fotografi, che bene rappresentano la nostra collezione, riflettendo sul significato della fotografia. Ogni fotografia è corredata da un testo che la rende più accessibile, una sorta di lettura visiva che riteniamo possa essere interessante per coloro che non conoscono il lavoro della nostra fondazione. Non volevamo pubblicare la classica e generica pubblicazione da anniversario che dopo pochi mesi viene dimenticata. Bild für Bild si concentra invece sulla storia e lo sviluppo della Fotostiftung Schweiz, mostrando parallelamente il mutamento che la fotografia ha avuto negli ultimi cinquant’anni. Non si tratta solo di una storia istituzionale, ma anche culturale. Nonostante l’istituzione riceva finanziamenti pubblici con mandato di proteggere il patrimonio fotografico svizzero, siamo e rimaniamo una fondazione privata, in grado di esplorare anche altre direzioni fotografiche. Rispetto ad altri paesi, dove le fondazioni fotografiche hanno un raggio d’azione molto più limitato, la nostra istituzione gode di un’unicità che abbiamo ritenuto importante spiegare nella pagine del libro.
La missione della Fotostiftung Schweiz è quella di raccogliere, conservare e presentare la fotografia svizzera per le generazioni presenti e future. Quali criteri vengono utilizzati per selezionare un particolare fotografo da includere nella vostra collezione?
Non è facile definire dei criteri oggettivi. Quando accettiamo un patrimonio fotografico o il lavoro di un artista contemporaneo, prendiamo come gruppo le nostre decisioni soggettive. Cerchiamo di valutare l’importanza e la rilevanza del corpo del lavoro propostoci tenendo in considerazione parametri come il valore culturale e documentario, l’unicità, e valutando la sua collocazione all’interno dello sviluppo della fotografia svizzera o internazionale. Non abbiamo una serie di regole predefinite da applicare sistematicamente, ogni valutazione è differente dalle altre. Tendiamo a non raccogliere opere troppo simili fra loro, preferiamo invece mostrare le molte sfaccettature della fotografia e come questa si sviluppi.

Chi sono i più promettenti fotografi svizzeri contemporanei?
La nuova generazione è molto creativa, ma non vorrei nominare nessuno in particolare, poiché l’inclusione di alcuni porterebbe all’esclusione di altri. Ci sono molti artisti promettenti che stanno emergendo, capaci di trovare nuovi modi nell’utilizzo del mezzo fotografico, non solo per rappresentare la realtà ma anche come strumento immaginativo per creare storie interessanti; fra loro molte giovani donne di talento che stanno entrando in questo campo. Si era predetto che la fotografia non avrebbe avuto un futuro a causa dell’emergere dell’immagine digitale; siamo invece testimoni del contrario grazie ai tanti giovani artisti di talento. Penso sia molto interessante di questi tempi analizzare l’evolversi della fotografia: i confini sono molto più aperti e la nuova generazione si approccia alla fotografia più come mezzo di espressione personale, utilizzando media differenti fra cui i social.
Qual è il ruolo di un archivio analogico in un mondo digitale?
Penso abbia una funzione estremamente importante. Nel mondo digitale le cose si muovono troppo velocemente e tutti noi soffriamo di eccesso da troppe informazioni. Siamo circondati da un’enorme massa di immagini, disponibili ovunque e in qualsiasi momento. Senza essere coscienti di ciò che è stato fatto nella storia della fotografia e dell’evoluzione di quest’ultima, sarebbe complicato dare giudizi sui giovani fotografi senza essere in grado di mettere in prospettiva la situazione attuale così dinamica. Per fare un esempio ritornerei un attimo a Ernst Heiniger: alcuni dei suoi lavori esposti nella nostra mostra presentano già aspetti molto moderni, come la manipolazione delle immagini o l’uso della pellicola a 360 gradi per realizzare un film di realtà virtuale. Nell’attuale era digitale tendiamo a concentrarci solo sul presente, ecco perché è essenziale disporre di un archivio analogico che mostri l’importanza degli aspetti materiali della fotografia.

Quali sono le sfide tecniche necessarie a preservare le fotografie analogiche da lasciare in eredità alla generazioni future?
Quando si parla di fotografia analogica è difficile mantenere controlli climatici adeguati e creare un ambiente in cui questi materiali possano sopravvivere. Con l’avanzare del tempo tutto è destinato a deteriorarsi. In questo momento stiamo cercando di preservare i negativi, essendo gli oggetti più fragili della nostra collezione. Il materiale plastico dei negativi scattati negli anni ’20 si sta deteriorando rapidamente, per cui dobbiamo trasformare questi oggetti nel formato digitale il più velocemente possibile. Questa è una grande sfida e la nostra attuale priorità.
Come avete gestito l’emergenza pandemica?
Le mostre sono state chiuse al pubblico e i mancati ricavi provenienti dalla vendita di biglietti o dagli articoli del nostro negozio fisico hanno provocato un non trascurabile problema finanziario. Il lavoro d’archivio dietro le quinte è comunque continuato, permettendo di concentrarci sulla preparazione delle prossime mostre e pubblicazioni, di fare inventari e classificazioni, di portare avanti ricerche sulla collezione, ecc. Tutto sommato siamo sopravvissuti discretamente bene alla pandemia.

Cosa ne pensi della tendenza dei musei nell’introdurre nuove modalità espositive come il 3D e i tour virtuali?
Ritengo che l’emergenza pandemica abbia permesso di sperimentare nuovi e interessanti formati facilitando in qualche modo il dialogo culturale. Allo stesso tempo sono convinto che abbia aumentato la consapevolezza per le presentazioni analogiche. Per noi è molto importante offrire al pubblico una proposta analogica che non si trova su Internet. Un aspetto confermato dai nostri visitatori che, alla riapertura degli spazi espositivi, sono tornati molto rapidamente ad ammirare questi materiali. I media digitali sono sì interessanti, ma alla lunga possono stancare; per questo motivo sono convinto che anche in futuro le esposizioni analogiche saranno molto richieste.
Come pensi la Fotostiftung Schweiz si possa evolvere e rimanere rilevante nei prossimi cinquant’anni?
Difficile da prevedere, soprattutto perché la tecnologia, specialmente quella che interessa i media visivi, si sviluppa a un ritmo velocissimo. Se i fondatori di questa organizzazione avessero saputo come si sarebbero sviluppati i media digitali, forse non avrebbero avuto il coraggio di creare un’istituzione votata all’immagine analogica. Continueremo a concentrarci sul dialogo tra materiale analogico e digitale, e di usare le tecnologie digitali applicate ai nostri materiali analogici: un esempio solo le stampe fantastiche che possiamo realizzare dai negativi digitalizzati. Non dovremmo mai dimenticare che il mondo analogico è caratterizzato da qualità uniche.

Quali sono stati i punti salienti e le sfide che hai dovuto affrontare durante i 23 anni da direttore e curatore della Fotostiftung Schweiz?
Una delle ricorrenti sfide è quella di dover dirigere una piccola istituzione, con un piccolo staff e modeste finanze, che ha il compito di gestire centinaia di migliaia di immagini. Sono orgoglioso di poter affermare di essere riusciti, tutti insieme, a creare una fondazione efficiente e funzionante, ben preparata per soddisfare il mandato assegnato e affrontare il futuro. Non si tratta di una coincidenza fortunata, è stato necessario lavorare per raggiungere questo obiettivo. Fra i punti salienti posso citare il piacere di essere responsabile di una collezione meravigliosa che fornisce costantemente idee che ispirano nuove esposizioni e pubblicazioni. Trovo inoltre affascinanti le discussioni che ruotano attorno al processo creativo alla base della produzione di nuove mostre e nuovi libri, che considero il dessert da gustare al termine di un pasto ben preparato. Senza dimenticare infine le interessanti collaborazioni coi fotografi.
A quale fotografia sei maggiormente interessato?
Sono affascinato dai fotografi che riescono a trovare un equilibrio tra il documentare il mondo e l’essere poetici: vanno oltre la produzione di un lavoro rappresentativo, comunicando sottilmente aspetti non visibili nel mondo fisico. Mi affascina anche l’idea che la fotografia possa essere contemporaneamente considerata finestra e specchio . Uno spettatore può guardare attraverso la cornice di un’immagine come se se stesse osservando la scena da una finestra; ma la stessa l’immagine può anche riflettersi nello stato d’animo della persona che la guarda. Robert Frank è un buon esempio: un fotografo e un’artista che documenta il mondo creando pura poesia.

Dal Vero – Fotografia svizzera del XIX secolo, visibile dal 23.10.2021 al 30.01.2022
Puoi anticipare i tuoi prossimi progetti?
L’anno che va a concludersi sarà ancora molto impegnativo. Al completamento delle celebrazioni per il cinquantenario, seguirà Dal vero. La fotografia svizzera del XIX secolo. Si tratta della prima panoramica esaustiva dedicata ai primi cinquant’anni di diffusione del medium fotografico in Svizzera, un progetto enorme. Le nostre collezioni sono inoltre una costante fonte d’ispirazione per progetti che sto attualmente considerando, ma che non voglio ancora rivelare.
Bilderlust / Bilderlast Colloquio sul collezionismo fotografico, ieri e domani. Sabato 18 settembre: il programma dettagliato
Fotostiftung Schweiz WEB Instagram Facebook
Immagine di copertina: Ritratto di Peter Pfrunder © Tami Xiang Tutte le immagini: Courtesy Fotostiftung Schweiz. Si ringrazia per la collaborazione: Sascha Renner, Flurina Ribi e Christopher Hux. Intervista realizzata il 4 giugno 2021.