Entrare in sintonia con la vita. Percepirne gli umori, le sfumature e l’intensità. Per poi rappresentarla in uno scatto, dopo averla assorbita, interpretata e fatta propria. È l’obiettivo della street photography, genere fotografico dall’appeal inarrestabile. La mostra al Fotomuseum di Winterthur ne testimonia il valore artistico. Questo è il racconto pubblicato in anteprima sul magazine italiano KULT
Il suo concetto rimane per molti inafferrabile. Ma che cos’è esattamente la fotografia di strada? Chiedetelo a dieci diverse persone e state pur certi di ottenere dieci differenti risposte, sostenute da immagini che spaziano da quelle che avrebbe potuto scattare un robot a quelle che, dopo un processo fotografico creativo, si trasformano in fotografie dal significato trascendente alla scena originale. Oltre a rifiutare definizioni che la imprigionerebbero, la street photography non accetta stilemi, regole e giustificazioni. Sicuramente cattura istantanee del quotidiano, pone l’attenzione sull’ordinario e sullo straordinario della realtà che ci circonda, ferma immagini, presenti ma impercettibili a un occhio distratto, che spontaneamente raccontano i cambiamenti sociali, l’estetica contemporanea e il mondo in cui ci muoviamo ogni giorno. Il termine fotografia di strada fa già pensare di per sé a qualcosa di legato indissolubilmente alle strade delle metropoli e periferie americane, dove videro luce movimenti come la street art, il graffitismo o la break dance.

Tuttavia la fotografia di strada vanta una lunga tradizione anche qui in Europa, basti pensare che uno dei nomi più famosi del reportage e della fotografia realistica prestata alla strada è quello di Henri Cartier-Bresson, fotografo francese considerato il padre del fotogiornalismo moderno e del life reportage. È grazie a lui se la street photography ha innegabilmente consolidato il rapporto tra arte e fotografia. L’avvento infine del digitale, unito alla crescita esponenziale della condivisione di foto tramite Instagram, ha gradualmente ampliato la consapevolezza del genere e di coloro che praticano la fotografia di strada. Documentaristi, artisti e narratori visivi, i fotografi di strada usano la loro peculiare prospettiva per realizzare artisticamente immagini straordinarie di scene quotidiane altrimenti ordinarie.

A questi splendidi flâneur è dedicata Street. Life. Photography. Seven Decades of Street Photography. La monumentale mostra organizzata dal Fotomuseum Winterthur, a pochi minuti da Zurigo, ospita fino al 10 gennaio 2021, più di 200 opere realizzate da 37 fotografi di fama internazionale negli ultimi 70 anni. Scatti che presentando le molteplici prospettive sulla vita urbana, palesano l’arte nel fotografare la città e le sue strade. Come è cambiato lo sguardo del fotografo sulla città e i suoi abitanti nel corso del tempo? In che misura la nostra comprensione dello spazio pubblico e privato e il nostro rapporto con l’ambiente urbano ha influito nelle loro opere? Come si è modificata la percezione visiva della città e conseguentemente l’evoluzione della street photography? In questa esposizione, curata da Sabine Schnakenberg del Deichtorhallen Hamburg, fotografi contemporanei del calibro di Maciej Dakowicz, Loredana Nemes, Jenny Odell e Harri Pälviranta sono accostati alle posizioni storiche di Diane Arbus, Lee Friedlander, William Klein, Harry Callahan e Lisette Model. Un confronto temporale che permette di apprezzare le tendenze chiave e gli importanti sviluppi tecnici, concettuali ed estetici.

La mostra si sviluppa su cinque caleidoscopiche sezioni dai differenti approcci tematici, rivelando connessioni sorprendenti e a volte strane. In Street Life, la strada diventa palcoscenico e lo spazio urbano si trasforma in scenografia; i singoli passanti o i gruppi di persone diventano parte del teatro messo in scena in queste fotografie che spaziano da istantanee fugaci a studi approfonditi. Crashes contestualizza immagini di incidenti, atti di violenza, conflitti e cambiamenti sociali o disordini; qui i confini tra finzione e realtà apparente si confondono: cosa è reale e cosa invece viene messo in scena? Public Transfer guarda agli spazi del trasporto pubblico come a un inquieto campo liminale del comportamento umano, dove gran parte della vita urbana si svolge tra la sfera privata e quella pubblica. L’anonimato delle metropoli e la perdita di prossimità sociale sono affrontati in Anonimity, che esplora questo fenomeno sia attraverso le persone fotografate, sia analizzando il ruolo dei fotografi. Alienation infine confronta e contrappone i diversi approcci ai temi della dissociazione e della distanza negli spazi urbani.

“Documentare lo spazio pubblico pone domande complesse”, afferma Nadine Wietlisbach, direttrice del Fotomuseum Winterthur. “Chi osserva chi e quanto sono voyeuristiche le nostre azioni? Cosa significano i meccanismi di sorveglianza nello spazio urbano? Quali affermazioni – intenzionali o involontarie – si manifestano in queste immagini?”. Domande esplorate nello spazio espositivo, e nel ricco programma di eventi, dove le visite guidate orientate al dialogo con i partecipanti e le conversazioni con gli artisti e gli esperti, offrono uno sguardo sulla diversità e la complessità della fotografia di strada, evidenziando al contempo gli ostacoli che quest’o genere fotografico può incontrare.
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Immagine di copertina: Melanie Einzig, First Avenue, 2004, from the series NYC Street Photos, 1997–2007 © Melanie Einzig. Tutte le immagini: Courtesy Fotomuseum Winterthur
Articolo pubblicato in anteprima alle pagine 32-35 del numero autunnale 2020 del magazine italiano KULT