Caro diario

Sfidando le misure contro la pandemia, esce coraggiosamente al cinema Zürcher Tagebuch, un film che misura il battito di una città in continua frenesia. Immagini suggestive, intrecciate a pensieri e riflessioni personali, ne fanno un’incondizionata dichiarazione d’amore a Zurigo. A dirigerlo Stefan Haupt, che ci conduce per mano nei meandri di una metropoli che non cessa d’intrigarlo. L’ho incontrato

Vi siete mai chiesti come vorreste celebrare il momento in cui capirete di aver vissuto “metà della vostra vita”? Stefan Haupt, classe 1961, si è risposto, decidendo di realizzare un documentario su Zurigo, dove è nato, cresciuto e tuttora vive. Un luogo al contempo reale e onirico, intriso di ricordi indelebili, esperienze fondamentali e cambiamenti radicali. Un anno dopo il sontuoso lungometraggio di finzione Zwingli, il regista ci propone una meditazione cinematografica sulla sua vita e sulla sua città, optando per il diario come forma narrativa per raccontarla. Proiettato in anteprima mondiale nella sezione Gala Premieres al recente Zurich Film Festival, Zürcher Tagebuch è un saggio cinematografico che cerca d’individuare e riflettere ciò che sta accadendo in questo periodo di sviluppi sociali e politici sfuggenti. Dall’approccio associativo, sinuoso e interrogativo, il documentario permette allo spettatore di entrare nell’intimità del suo autore, trasformatosi per l’occasione in una sorta di guida turistica virtuale, orgoglioso di prenderlo per mano, accompagnandolo da un quartiere all’altro, da una realtà all’altra di Zurigo. Il film, che magistralmente condensa in 101 minuti un intero quadriennio (gennaio 2016 – marzo 2020), non pretende di essere esaustivo o imparziale, né si pone l’obiettivo di spiegare i cambiamenti di una città o le mutazioni di una società sempre più complessa e contraddittoria. Piuttosto vuole offrire al pubblico un punto di vista altro, volutamente soggettivo e influenzato da un’esperienza personale, ricca di pensieri e ricordi. Quella di Stefan Haupt, che ho intervistato.

Stefan Haupt © Josef Brunner per Zurich Film Festival

Cosa ti ha convinto a realizzare un documentario su Zurigo?

A essere sincero, non credo che Zürcher Tagebuch sia un film su questa città. Volevo girarne uno sulla vita, in generale. È solo un caso che sia ambientato a Zurigo, dopotutto qui sono cresciuto e qui vivo con la mia famiglia. Le domande che mi pongo sono sulla bocca di tutti in questo periodo. Cosa sta capitando politicamente e socialmente? Cosa significa la crisi climatica? Come si può affrontare una pandemia? Dove è diretto il pianeta Terra? Quesiti talmente vasti da doverli forzatamente limitare. L’ho fatto concentrandomi sulla mia “bolla” personale, composta da familiari e conoscenti, all’interno dell’ambiente zurighese, intervistando esclusivamente persone che vivono in questa città o che quantomeno abbiano un rapporto stretto con essa.

Come mai hai scelto il diario come forma narrativa per raccontare le tue impressioni ed esperienze zurighesi?

Volevo avere massima libertà nel montaggio del film, per procedere in modo intuitivo, zigzagando un po’. Obiettivi raggiunti con l’utilizzo di questo formato che mi ha permesso di saltare da un’esperienza all’altra, di parlare di ricordi e di raccontare liberamente piccoli episodi significativi. Un risultato ottenuto con la complicità di Christof Schertenleib, il montatore accreditato e con cui collaboro da tempo. Inserendo la parola Tagebuch (diario) nel titolo, ho voluto in qualche modo preparare lo spettatore a una visione “libera” del film.

Un’immagine tratta dal documentario Zürcher Tagebuch

Per il film hai deciso di essere personalmente coinvolto, filmando te stesso e la tua famiglia, come è andata?

È stato un esperimento molto speciale. Volevo fosse sì un racconto intimo, ma che al tempo stesso non sconfinasse nel privato. A tale proposito ho chiesto a collaboratori e amici filmmaker di avvertirmi nel caso avessi oltrepassato quel limite. Volevo mostrare le emozioni dell’essere a disagio o arrabbiato dando un taglio personale, attraverso me stesso, i miei figli e i miei genitori, piuttosto che produrre un accademico esercizio giornalistico. Volevo approfittare della possibilità di portare la videocamera in casa, coinvolgendo la mia famiglia e i miei amici, nonostante fossi incerto che l’esperimento avrebbe funzionato. 

Come hai scelto i “partner vocali” intervistati nel film? 

Per intuizione, per tentativi e anche per errori, una dinamica facente parte del gioco. Ho realizzato un totale di 60 interviste, 33 di esse sono state filmate. Alla fine solo 22 sono entrate nel film, scelte in modo da rappresentare una varietà in termini di genere ed età.

Un’immagine tratta dal documentario Zürcher Tagebuch

Fra gli intervistati c’è lo studioso Reinhard Bodenmann che afferma come Zurigo si stia sviluppando in senso “legislativo” piuttosto che in senso “generazionale”, quali sono le implicazioni di questo concetto? 

Bodenmann si occupa orma da un decennio degli scritti di Heinrich Bullinger, uno dei più rilevanti teologi del Protestantesimo nel XVI secolo, che per 44 anni fu a capo della chiesa riformata zurighese. La corrispondenza di Bullinger è la più estesa che ci sia giunta da quel periodo. Sono note in effetti ben 12’000 lettere la lui scritte, fra cui 300 a Calvino, o a lui inviate. Fra i suoi scambi epistolari si annoverano anche re di Francia, d’Inghilterra e di Danimarca, mentre fra gli italiani si ricordano il francescano eretico Camillo Renato e la duchessa di Ferrara Renata di Francia. Bodenmann ha osservato come già a quell’epoca le persone pensassero in termini temporali lunghi, quanto un arco generazionale, mentre oggi i politici pensano solo in termini di quattro anni, il tempo di una legislatura. Ho deciso d’includere la sua dichiarazione perché la trovo estremamente importante: ci limitiamo a conseguire risultati sul breve periodo, nessuno pensa veramente a fare progetti per i nostri figli e le generazioni future. La nostra società si concentra solamente sull’ora, ora, ora!

Nel film accenni a parole d’uso recente come distopia e disforia in contrapposizione alle più conosciute utopia ed euforia, a cosa ti riferisci precisamente?

Ponendomi a inizio film domande su cosa sta succedendo a livello globale, mi stavo rendendo conto come i media utilizzino questi nuovi vocaboli per descrivere esperienze di vita nella nostra società, che sta diventando sempre più oscura e insicura. 

Un’immagine tratta dal documentario Zürcher Tagebuch

Qual è stato per te l’evento più significativo fra quelli accaduti nel quadriennio raccontato dal film?

Indubbiamente la morte di mio padre: era la prima volta che sperimentavo la perdita di un parente così stretto. Anche le manifestazioni sul clima sono state molto importanti, non solo per la giovane età dei dimostranti ma anche per la partecipazione dei miei figli a questi eventi. Pure lo sciopero delle donne è stato sorprendente, non avevo mai assistito a una manifestazione così imponente per le strade di Zurigo. 

Nonostante tu abbia sempre vissuto a Zurigo, ci sono aspetti di questa città che ancora t’intrigano?

Trovo tuttora assolutamente fantastico il modo di vivere che permette questa città. Molto è cambiato negli ultimi 30 anni: Zurigo è più aperta e ci sono così tante opzioni culturali fra cui scegliere. Mi piace che la città continui ad avere un centro storico vivace e in continuo mutamento. Apprezzo infine la pratica dimensione urbana di questa città, dove tutto è vicino e accessibile. A Zurigo è facilissimo visitare il proprio medico, acquistare un giornale o rinnovare il passaporto.

Un’immagine tratta dal documentario Zürcher Tagebuch

Il film è stato presentato in anteprima mondiale al recente Zurich Film Festival, hai avuto già riscontri dell’apparato politico? 

Ho sentito solo il responsabile dell’Ufficio federale della cultura, che ha amato il film. Ho ricevuto riscontri positivi anche dalle interviste con la Radio e la Televisione Svizzera, oltre che con diversi giornalisti locali. Al festival sono rimasto sbalordito della reazione di una giornalista polacca che, trovando il film incredibilmente critico nei confronti di Zurigo, è rimasta sorpresa del fatto che mi sia stato permesso di realizzarlo! Ciò mi ha fatto apprezzare la libertà che abbiamo in questo paese nel poter criticare il nostro governo senza paura di essere censurati.

Zürcher Tagebuch arriva ora nei cinema, cosa speri il pubblico si porti a casa dopo la proiezione?

Che il film possa rappresentare una specie di specchio per riflettere sulla loro vita e sulla loro città. Spero che le immagini viste e le parole ascoltate aiutino a concentrarsi su ciò che è veramente importante e a capire meglio le proprie esperienze. Alcuni spettatori mi hanno raccontato delle lunghe discussioni sui temi trattati nel film che sono seguite dopo la proiezione al festival. Mi auguro che ciò continui anche nelle prossime settimane.

Un’immagine tratta dal documentario Zürcher Tagebuch

Il diario termina il 16 marzo 2020, una data già prestabilita in fase di produzione?

Era mia intenzione portare a termine il progetto entro la fine di quel mese. Avendo concluso le riprese prima dell’arrivo del lockdown, il film era per me completo. Includere i primi giorni dell’isolamento avrebbe significato tagliare segmenti che mi ero già impegnato a raccontare. Col senno di poi posso affermare quanto sia stata saggia quella scelta. Considerando il peculiare periodo che stiamo vivendo, ritengo sia molto più interessante proporre un film che termini nel momento in cui è iniziata la pandemia, vincolando lo spettatore a osservare con uno sguardo differente la Zurigo pre COVID-19 che avevo fin lì filmato. Nonostante la problematica sia globale ognuno la sta affrontando in modo diverso, come vi fossero innumerevoli mondi paralleli. Mi dispiace soprattutto per le giovani generazioni, abituate a uscire per divertirsi e godersi la vita e che ora non possono farlo a causa di questa crisi a cui si aggiungerà nel prossimo futuro la minaccia esistenziale provocata dal cambiamento climatico.

Se il diario fosse continuato, come avresti filmato la situazione pandemica?

A dire il vero, non ci ho mai pensato. Comunque non sono intenzionato a proseguire questo diario con un nuovo capitolo. Mi sto già dedicando ad altri progetti, fra cui un film dedicato agli ultimi anni di vita di Johann Sebastian Bach. 

Il trailer del film Zürcher Tagebuch

Zürcher Tagebuch: WEB

Zürcher Tagebuch esce il 5 novembre 2020 nei cinema della Svizzera tedesca distribuito da Xenix Filmdistribution. A Zurigo: Arthouse Le Paris, Kosmos e Houdini, dove viene proiettato coi sottotitoli in inglese.

Ritratto del regista: Courtesy Zurich Film Festival. Tutte le altre immagini: Courtesy Xenix Filmdistribution. Si ringrazia per la collaborazione: Rosa Maino e Christopher Hux

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