Un arabo autunno

Prende il via domani, giovedì 15 novembre, il 4° Arab Film Festival Zurich. Nella prestigiosa cornice del filmpodium, la cineteca della città che co-produce l’evento, verranno proiettati fino a metà dicembre oltre 30 film. Opere di registi affermati o talenti emergenti che raccontano storie avvincenti girate in paesi che spesso incontriamo solo nei media con notizie sul terrore e la guerra. Realtà espressive a cui non possiamo rifiutare di accostarci, di respirarne con gli occhi slanci vitali e amarezze, colori e profondità

Festeggiamo insieme!” È il caloroso invito che apre il catalogo della quarta edizione dell’Arab Film Festival Zurich. A rivolgerlo a frequentatori di festival, appassionati di cinema e amanti dei film arabi, è Aida Schläpfer Al Hassani, presidente dell’International Arab Film Festival Zurich (IAFFZ), l’associazione organizzatrice non solo della biennale rassegna cinematografica ma anche di altre iniziative legate alla cultura araba. È lei stessa a spiegare i motivi di questo entusiasmo: “In questa edizione presentiamo una meravigliosa selezione di film provenienti da tutto il mondo arabo, molti dei quali saranno proiettati per la prima volta in Svizzera o addirittura celebreranno la loro anteprima europea al nostro festival. Il secondo motivo per festeggiare è il decimo anniversario dell’IAFFZ”. Un decennio costellato da momenti unici ottenuti grazie all’impegno dei suoi membri, tutti volontari che “con grande passione, dedicano ogni minuto del loro tempo libero alla preparazione del festival, spesso lavorando anche nelle ore piccole. E nonostante la situazione finanziaria continui a essere difficoltosa, continua la Schläpfer, siamo certi che anche questa volta lo sforzo intrapreso verrà premiato”.

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Fotogramma dal cortometraggio d’animazione Language

Un riconoscimento che vale doppio in una città cinefila come Zurigo, dove non è affatto semplice ritagliarsi uno spazio nell’affollato panorama dei festival, se ne contano una ventina, qui organizzati. Ma in tempi di diffidenza globalizzata per l’Altro (etno-religioso, politico, socio-culturale) gettare uno sguardo sulle più recenti produzioni del cinema arabo non è affatto un vezzo da cinefili. Perché promuovere il cinema arabo, la necessità della sua esistenza, le sue peculiarità e universalità linguistiche, significa allora gettare un ponte sul Mediterraneo, luogo non solo di transito commerciale ma crocevia stilistico, spazio di contaminazioni e reciprocità possibili, di integrazioni e attriti tra due mondi che sono, indissolubilmente, l’uno il controcampo dell’altro, e saranno destinati ad esserlo sempre di più.

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Fotogramma dal film Tramontane

Fra finzione, animazione e documentari, declinati in lungo e cortometraggi, sono 34 i titoli in cartellone, a dimostrazione che, nonostante in molti paesi la primavera araba abbia fallito, non vi sia solo la delusione a prevalere. Cittadini e artisti si confrontano con le loro nuove realtà, spesso criticando la situazione sociale e politica. Molte nuove voci, soprattutto femminili, si fanno sentire, tra cui Yasmine Chouikh (Algeria) con il suo pluripremiato film di apertura Until the End of Time o Eliane Raheb (Libano) con Those Who Remain, un documentario sui conflitti religiosi in un villaggio di montagna libanese vicino al confine siriano; altre pellicole da non perdere sono anche Upon the Shadow di Nada Mezni Hafaiedh (Tunisia) che affronta con coraggio temi queer o Tramontane primo lungometraggio realizzato da Vatche Boulghourjian (Libano), storia del cantante cieco Rabih Malek, interpretato dal musicista libanese Barakat Jabbar, che rappresenta una rivalutazione della guerra civile libanese. Ancora una volta il festival cinematografico è fra gli strumenti più adatti per invitarci all’incontro di questo universo dalla mille sfaccettature culturali.

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Fotogramma dal film A Day for Women

Ma cosa s’intende esattamente con cinema arabo? A rispondere è Evelyn Echle, project manager scientifica al dipartimento degli studi di cinema dell’Università di Zurigo, nonché membro del comitato direttivo dell’IAFFZ. “Nel mondo francofono viene utilizzata la definizione “les cinémas arabes” e questo plurale è alla base della questione. Come il mondo arabo, il suo cinema è colorato, vario e difficile da conciliare. Punti di contatto si trovano, in un’alta cultura poetica e visiva e nei paralleli di un passato prevalentemente coloniale. Questo spiega anche l’avvio tardivo della produzione cinematografica nella maggior parte degli stati arabi. La dipendenza politica ed economica dalle potenze protettrici (prevalentemente Francia e Inghilterra) e la loro repressione contro la cultura autoctona ha impedito una cultura cinematografica indipendente. L’unica eccezione è l’Egitto, che durante il periodo coloniale era già occupato a costruire la propria produzione e ha imparato a gestire questo business fino ad oggi. Negli anni ’50 l’industria cinematografica egiziana, con i suoi studi al Cairo e ad Alessandria, era considerata la terza più grande del mondo. I suoi marchi di fabbrica erano leggere riviste musicali e melodrammi lacrimevoli e causa di quest’enorme produzione, i film egiziani sono circolati sugli schermi di tutto il mondo arabo”. Anche il 4° Festival del cinema arabo di Zurigo celebrerà questa età dell’oro, anche se il cinema indipendente egiziano ha recentemente suscitato scalpore nel suo paese d’origine. Queste tensioni creative e il patrimonio storico saranno oggetto di una tavola rotonda con registi e operatori culturali egiziano.

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Fotogramma dal film The Journey

Altro paese che riveste un ruolo centrale nella storia della cinematografia araba e a cui è dedicato un secondo momento di discussione, è l’Iraq il cui cinema contemporaneo è stato plasmato dagli orrori della guerra. Racconta ancora la Echle: “Diversi registi hanno dovuto emigrare durante il conflitto e dopo aver frequentato scuole di cinema all’estero sono tornati finalmente a casa, cercando di ricostruire un’industria cinematografica indipendente, sfidano la perdita. Uno dei più impavidi è Mohamed Al Daradji, di cui il 4° Arab Film Festival Zurich presenta The Journey, il suo più recente lavoro che ha debuttato in Iraq nel marzo di quest’anno, rendendolo il primo film iracheno in 27 anni a celebrare la sua anteprima nel suo paese d’origine” E questa sembra essere una tendenza anche nell’attuale cinema arabo: c’è di nuovo speranza!

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Manifesto realizzato da Jan Reiman (Zurich University of the Arts)

Immagine di copertina: fotogramma dal film Upon the Shadow

Tutte le immagini: Courtesy IAFFZ

IAFFZ – International Arab Film Festival Zurich: WEB   Facebook   Instagram

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