Una (sconosciuta) storia zurighese

Irreprensibile magazziniere in settimana, fotografo autodidatta nel week-end. La gioventù underground degli anni ’60, distante anni luce dai tradizionali stereotipi svizzeri, popola i suoi scatti straordinari. Fotografie rivalutate recentemente dal mondo artistico, ma mai esposte nella sua città natale. Un’assenza ingiustificata a cui il Photobastei di Zurigo vuole rimediare, dedicando al lavoro di Karlheinz Weinberger una mostra di livello internazionale. Da organizzare attraverso un’inedita operazione di crowfounding. C’è tempo ancora un mese per trasformarsi in mecenati di un evento culturale che si annuncia sbalorditivo

Regolata come da un orologio, svizzero ovviamente. Così, vista da fuori, la quotidianità zurighese di Karlheinz Weinberg. Alla Siemens, suo unico datore di lavoro, lavorò come magazziniere fino alla pensione. Con la madre visse fino alla di lei morte, per poi traslocare, sempre nello stesso edificio di Elisabethenstrasse, in un appartamento due piani più sopra. Ciò nonostante, la sua esistenza fu tutt’altro che conformista. “La mia vita comincia venerdì sera e termina lunedì mattina” disse una volta. Nato a Zurigo nel 1921, Karlheinz Weinberger ha imparato l’arte fotografica senza frequentare scuole e senza l’ausilio di maestri, ma semplicemente puntando il suo obiettivo sugli individui che casualmente incontrava per strada e che, come un etnologo alla scoperta di una nuova tribù, studia con empatia,curiosità e rispetto. Immagini che, analizzate antropologicamente, testimoniano la vivacità ribelle delle sottoculture svizzere tedesche emerse dopo la seconda guerra mondiale. Tra documento e manifesto, le immagini di Karlheinz Weinberger si rivelano come raro istante nella storia della fotografia, la prova, se necessaria, della potenza di questa forma comunicativa.

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Negli anni ’50 la Svizzera conosce una forte ondata d’immigrati. È lungo le strade che le immagini di Karlheinz Weinberger si concentrano sui corpi in azione. I lavoratori incrociati sui cantieri diventano modelli improvvisati ma scelti con accuratezza. I muscoli guizzanti, i corpi asciutti e lo sforzo fiscio che affiora danno un potente carattere erotico a questa fotografia spontanea e debuttante. La meticolosa attenzione impiegata nel tracciare questa variegata geografia fisica crea una poesia inattesa del corpo sociale. Dal 1952, Karlheinz Weinberger collabora con Der Kreis, una rivista omosessuale di Zurigo pubblicata tra il 1932 e il 1967 e distribuita a livello internazionale esclusivamente ai membri del club omonimo. Fra le tradizionali rappresentazioni della nudità “colta” dai canoni classici greci e romani, il fotografo, sotto lo pseudonimo di Jim, inserisce immagini testimonianti desiderio e gusto personali verso corpi popolari, virili e funzionali, corpi intrisi di quelle emozioni tristemente assenti dalla sua routine quotidiana.

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A cavallo tra gli anni ’50 e ’60, entra in contatto con gli “Halbstarke”, i cosiddetti “semi duri”, teppistelli emarginati e dal look stravagante, che si lasciano fotografare nel suo soggiorno trasformato in un informale studio fotografico. Qui, uno a uno, in coppia o in gruppo, trovano rifugio, ascoltano musica, bevono birra, immortalando, inconsapevolmente, la loro ribellione davanti all’obiettivo del fotografo. Lo sguardo di Karlheinz Weinberger “sotto la loro cintura” non è mai riduttivo o volgare. Sceglie i dettagli dogmatici della rivolta, al tempo stesso veicolanti del desiderio erotico e del “furore di vivere”. Frammenti di corpi e ritratti che raccontano codici d’abbigliamento sconvenienti per il conformismo svizzero dell’epoca: il jeans, personalizzato da un’artiglieria metallica sovradimensionata, i tatuaggi, i capelli, troppo imbrillantinati o troppo lunghi. Alcuna artificiosità nello stile fotografico di questo autodidatta che, di fronte ai suoi modelli ultra-fotogenici, miscela ad arte l’obiettività, l’empatia e il sogno.

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Fra gli anni ’70 e ’90 Karlheinz Weinberger continua a fotografare altre “tribù” urbane e marginali spostando l’obiettivo su club motociclisti come gli Hells Angels, i Broncos o i Lonely Riders. Ancora una volta la virilità e lo spirito comunitario affascinano il fotografo che, frequentando regolarmente i loro raduni, racconta la storia e il desiderio di libertà di questi “uomini liberi” e dei loro rituali scanditi da alcool e sesso. Il loro abbigliamento è codificato da teschi, pugnali e simboli tribali, completato con collane di osso, anelli intarsiati e artigli d’orsi, mente le loro Harley-Davidson, dal serbatoio utilizzato come supporto per affreschi, sono accessoriate all’infinito. È un momento decisivo per comprendere l’opera di Karlheinz Weinberger, omosessuale dalla sensibilità anarchica. Dietro il folklore di questa contro-società inserita in uno scenario alpino, si cela l’ineludibile esigenza di trascendere qualsiasi forma di condizionamento sociale, permettendo al fotografo d’intravede il lato liberticida dei falsi valori trasmessi dalle istituzioni sociali, politiche e religiose del tempo.

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Deceduto nel 2006, Karlheinz Weinberger è stato a lungo ignorato. Solo negli ultimi anni, grazie anche alla pubblicazione dei libri Swiss Rebels e Halbstarke, e all’organizzazione di una mostra a lui dedicata da Les Rencontres d’Arles, probabilmente il festival di fotografia più importante e conosciuto al mondo, ne è stato riconosciuto il valore artistico. Che a Zurigo curiosamente non è mai stato celebrato, nonostante il legame indissolubile che unisce la città al fotografo. È qui che entra in gioco il Photobastei, istituzione culturale indipendente diretta da Romano Zerbini, da sempre sensibile a progetti fotografici alternativi. In calendario dal 1° novembre al 23 dicembre 2018 Karlheinz Weinberger o la ballata di Jim, mostra, organizzata con la collaborazione della galleria Esther Woerdehoff di Parigi, che intende “riconciliare” l’artista ai suoi luoghi. A curarla è stato chiamato Patrik Schedler, amico di Weinberger e che ha gestito l’archivio fotografico dopo la sua morte. L’obiettivo è quello di presentare al grande pubblico, oltre alle immagini viste ad Arles, materiale inedito e legato a doppio filo alla città sulla Limmat. Non solo scatti pubblicati dalle riviste Der Kreis e Club68, ma anche quelli che raccontano i contesti sportivi, circensi e delle feste paesane frequentati da Karlheinz Weinberger. Uno sforzo economico che può essere affrontato solo col supporto finanziario raccolto attraverso la piattaforma 100-days, specializzata in progetti culturali. Donazioni che, oltre a trasformarvi in mecenati di un evento culturale che si annuncia sbalorditivo, daranno diritto a tutta una serie di agevolazioni per una personalissima fruizione della mostra.

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Tutte le immagini: © Karlheinz Weinberg. Courtesy: Galerie Esther Woerdehoff. Si ringrazia per la collaborazione: Photobastei

 

 

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